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Asta 028 del 18/03/2023 / lotto 141

Pratella Attilio

Pratella Attilio (Lugo di Romagna, RA 1856 - Napoli 1949)

DIPINTI

Stima: min €8000 - max €10000
Base Asta: € 3000
Migliore Offerta Pervenuta:   0
Prossima Offerta Minima:   3000
N° offerte:  2
  • Descrizione Lotto

    Tramonto al Vomero vecchio
    olio su tela
    firma: in basso a destra
    misure: cm 70 x 28
    osservazioni: a tergo antiche etichette di esposizioni

    Con la nascita del primogenito Fausto (che lo seguirà poi nella professione di artista) Attilio Pratella e la moglie Annunziata Belmonte decisero di trasferirsi sulla collina del Vomero. Quello che oggi l’abitante locale e di frequente il turista vivono come uno dei quartieri più prestigiosi della città, era al tempo una zona assai diversa, per lo più immersa nel verde: palazzine e villette dell’aristocrazia si andavano via via costruendo solo attorno alla piazza Vanvitelli, contrapponendosi al cosiddetto “Vomero vecchio”, ovvero l’Arenella, che conservò ancora per un po’ l’aspetto di vero e proprio luogo di villeggiatura, adorno magari giusto di qualche osteria. L’arrivo in via Luca Giordano di Pratella, che di fatto così raggiungeva il collega ed amico Giuseppe Casciaro (allora residente nei pressi di San Martino), va poi collocato all’interno di un più ampio fenomeno che vide costituirsi una sorta di colonia di artisti nell’area collinare, tutti intenti nella ricerca di un più spontaneo ed immersivo rapporto con la natura e col paesaggio, a differenza di coloro i quali rimanevano in città, radunati in caffè e birrerie quale il celebre Gambrinus: non va escluso che “i Vomeresi” (come presto furono appellati) volessero più o meno consapevolmente emulare quei gruppi di artisti di cui tante notizie arrivavano dalla Francia, barbisonniers ed impressionisti innanzitutto.
    Ciò che dunque si presentò sul Vomero alla vista di Pratella certo stimolò fortemente l’immaginazione del maestro, ed appunto da allora in poi si manifestò molta della sua migliore produzione, tutt’oggi assai ricercata dai collezionisti. Attilio infatti aveva ormai recepito la lezione che dai tempi dei posillipisti Giacinto Gigante aveva lasciato in eredità alla scuola napoletana, ovvero che l’essenza della pittura di paesaggio stava nell’interpretare la natura attraverso il proprio io intimo e lirico, rendendo così tangibile un substrato emotivo che andasse oltre la mera imitazione del vero: un’arte insomma “sentita”, che «si faceva più per istinto e poesia che per cultura e ragionamento» (Schettini 1954, p. 17), assai diversa cioè dalle ricerche dei più “freddi” pittori nordici. A questa fondamentale conquista estetica Pratella giunse guidato anche da altri indiscussi maestri della scuola napoletana: innanzitutto Edoardo Dalbono che, probabilmente quale migliore continuatore della poetica di Giagante, riuscì come è noto sempre a raffigurare il capoluogo partenopeo con feconda e mirabile capacità immaginifica, forse aprendo per primo gli occhi ad Attilio sulla natura profondamente ed autenticamente fantastica del paesaggio di Napoli e dintorni. L’altro modello è da ricercarsi invece nella produzione di Giuseppe De Nittis, che nel superamento della tradizionale dicotomia luce-ombra, ovvero nel trattamento di quest’ultima come luce di diversa specie, degrado del colore e non assenza di esso, era pervenuto in modo del tutto indipendente ai medesimi principii teorici dell’Impressionismo francese (ed infatti Pratella non sentì mai il bisogno di seguire questa corrente tanto di moda, ritrovando in Napoli ed i suoi pittori tutto ciò di cui necessitava per la propria arte!).
    L’opera proposta ci pare mostri influenze evidenti dei grandi artisti sopracitati: gli aranci ed i rosa tipicamente dalboniani saltano subito all’occhio, ad esempio, nonostante nello schema compositivo del dipinto essi vadano a delineare la linea dell’orizzonte, che così sembra quasi balzare in primo piano; ancora più lodevole, tuttavia, appare all’occhio esperto l’ampio ventaglio dei toni di grigio che, pure propri di Edoardo Dalbono (ed in parte di De Nittis), di quella pittura cioè vagamente opalescente che come la madreperla adornante le Sirene della celebre “Leggenda” restituiva un’immagine di Napoli vaporosa ed eterea, erano in realtà già parte integrante e peculiare della tavolozza di Attilio Pratella, che seppe sempre declinarli con una poetica malinconia che pare connaturata agli artisti settentrionali.
    Fra le molte opere del maestro bolognese in grado di suggerirci la stagione e talvolta l’orario (grosso modo, almeno) di esecuzione, che pure Pratella stesso spesso annotava, tanto che più critici hanno parlato di «pittura barometrica», la tela in asta sembra in conclusione non fare eccezione, immergendo coi suoi «cieli di un fulgore che a poco a poco degrada dietro una collina […] mentre un senso di pace si spande all’intorno» (Schettini 1954, p. 57) l’osservatore in un caldo pomeriggio estivo sulla collina del Vomero.

  • Informazioni Asta

    Asta 028 del 18/03/2023 del 18/03/2023 17:00.
    Via Vincenzo Mosca 31/33