Gigante GiacintoPergolato
acquerello su carta
firma: in basso a sinistra
misure: cm 43 x 58
provenienza: collezione Alberto Portolano, Napoli
esposizioni: Museo Civico Filangieri, Napoli Settembre-Dicembre 1945, Museo del Sannio, Benevento Maggio-Luglio 1954
bibliografia: M. Rotili (cura), Achille Vianelli, cat. della mostra Maggio-Luglio 1954, Gaspare Casella Editore, Napoli 1954, pag. 69, tav. 9, A. Schettini, Giacinto Gigante, Mele Editore, Napoli 1965, tav. XXXIV
osservazioni: opera a tergo recante cartigli Mostra della Scuola di Posillipo Settembre-Dicembre 1945 e Mostra di Achille Vianelli Maggio-Luglio 1954
Paolo Villari ebbe modo di affermare più di un secolo fa, e felicemente, che «Gigante è un acquerellista di cui non si troverebbe in Italia un altro di egual merito». In effetti di Giacinto Gigante oggi il grande pubblico ricorda innanzitutto le opere ad acquerello (si pensi alla spettacolare Cappella di San Gennaro oggi conservata a Capodimonte) piuttosto che la più esigua produzione ad olio, forse meno congeniale all’autore e nel tempo oggetto di qualche critica, ad esempio dalla penna di Sergio Ortolani, principale biografo dell’artista.
Secondo alcune fonti la tecnica dell’acquerello Giacinto l’apprese, dopo aver assorbito i primi rudimenti pittorici dal padre Gaetano, dal tedesco Jacob Wilhelm Hüber, che il Nostro frequentò fra il 1818 ed il 1821; dal pittore nordico, va ricordato, Gigante imparò anche quella tecnica “a punta di ferro” che gli fu poi assai utile in tutta la sua lunga carriera di disegnatore ed incisore, e che si può forse anche considerare alla base del successo commerciale di tutta la Scuola di Posillipo, i cui album di incisioni acquerellate si diffusero rapidamente ed ampiamente fra i turisti stranieri in Italia.
A ben rifletterci comunque, sono svariati gli artisti di area nordica ed orientale ad aver svolto un ruolo di primaria importanza per la ricerca e la fama raggiunta da Giacinto Gigante. Innanzitutto Anton Sminck van Pitloo, a Napoli dal 1816 al 1837, che va considerato il fondatore dell’estetica della suddetta Scuola di Posillipo, interessata a restituire il paesaggio attraverso il filtro del tutto personale dell’artista che di volta in volta lo percepiva; cattedratico al Real Istituito di Belle Arti fin dal 1824, Pitloo costituì forse anche l’unico contatto fra Gigante e l’ambiente accademico locale, cui il Nostro fu generalmente ostile ed intollerante (si pensi del resto che allora anche la pittura di paesaggio era rigorosamente eseguita al cavalletto e mal si giudicava chi preferisse l’en plain air).
Contemporaneamente a Pitloo Gigante ebbe modo di conoscere ed operare insieme a Sil'vestr Feodosievič Ščedrin, che in Italia fin dal 1819 morì a Sorrento una decina di anni dopo. Fu questo paesaggista la chiave che aprì al Nostro le porta dell’ambasciata russa e dell’aristocrazia esteuropea, che elesse Giacinto a proprio pittore d’elezione, come dimostrano tanto le opere dell’autore entrate nelle collezioni russe (specialmente all’Ermitage di San Pietroburgo) che quelle custodite sì a Napoli, ma ritraenti appunto le celebrità slave e le loro lussuose ville. Queste prestigiose committenze (finanche per lo zar Nicola I e la zarina Alessandra, che volle Gigante con sé nel viaggio in Sicilia del 1846) permisero al nostro di acquisire quella che ancora oggi è conosciuta come Villa Gigante, sita nell’omonima strada alle pendici del Vomero.
Il grande acquerello proposto, proveniente da una delle più celebrate collezioni d’arte partenopee (e non solo, poiché di Portolano si conoscono echi milanesi), va probabilmente a collocarsi per soggetto proprio nei dintorni della bella villa “alla Salute”, poiché risulta felicemente paragonabile ad una più piccola opera che, con uguale tecnica, pare focalizzarsi su di un singolo tralcio della grande vite che occupa quasi per intero l’opera in asta; questo piccolo acquerello, parte della collezione Lampugnani ed oggi al Poldi Pezzoli di Milano (dotato perciò anch’esso di un pedigree di tutto rispetto), riporta esplicitamente in basso l’appunto autografo del proprio autore «Salute 1847», fornendoci perciò anche una possibile datazione di riferimento: Gigante si sa acquistò appunto il villino nel 1846, e già nel ’48 si rifugiò a Sorrento per evitare i tumulti libertari che scuotevano il Meridione d’Italia, per cui è verosimile pensare che nel biennio 1846-47 egli ebbe modo di realizzare più opere raffiguranti i dintorni di casa propria, forte dell’appena acquisita comodità domestica.